Il punto di partenza
E’ ormai opinione consolidata, anche a prescindere dall’attuale normativa europea, nazionale e regionale, che le dinamiche della gestione dei rifiuti, sia di origine urbana che industriale, debbano produrre un sostanziale salto di qualità per aiutare a sostenere un nuovo modello di produzione e consumo in discontinuità con ciò che si è caratterizzato nella fase pregressa ed attuale.
L’idea che possiamo continuare ad utilizzare materie prime per realizzare prodotti con vite sempre più brevi e avviarli poi ad uno smaltimento nelle forme attuali, la convinzione che le produzioni non si pongano obbligatoriamente il problema della qualità dello scarto, che i criteri del conferimento delle merci non vengano radicalmente ripensati per determinare il minimo danno ambientale possibile, in un pianeta dove i tre quarti della popolazione è ancora a livelli primari di sviluppo, è sostanzialmente folle. Ci si dirà, “ma l’Italia è il paese che produce il più alto livello di recupero dei rifiuti a livello europeo”, e ciò è certamente vero. Ma è vero anche che nei processi di recupero, l’obiettivo fondamentale non è il valore ambientale, ma il valore economico dell’intervento, quindi gran parte di questi processi intermedi non si interessano dell’ultima fase del ciclo e spesso determinano invece la “obbligatorietà” della fine del ciclo stesso con il conferimento alla discarica o al termovalorizzatore, perché il materiale scartato dal recupero non è più ulteriormente trattabile.
Da questa preliminare constatazione nasce il progetto di innovazione di Scapigliato “La Fabbrica del futuro”.
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